© Associazione Culturale I Grifoni Forme
Il lavoro che vi viene presentato è il risultato di una curiosità che mi sono proposto di soddisfare per meglio conoscere le origini mie e di coloro con i quali sono a contatto dai miei primi anni di vita.
Come saprete, vengo a Forme appena una quindicina di giorni all’anno. Però, benchè viva a Roma, non ho mai avuto nessuna voglia di scrollarmi di dosso, i condizionamenti, ammesso che ci siano, rivenienti dal mio essere formese. A diffondere questi miei, finora solitari condizionamenti, contribuisce adesso la fattiva collaborazione dell'associazione culturale I Grifoni cui mi sento legato da stima e da ammirazione sincera per l’intelligenza dimostrata nell’individuazione di comuni obiettivi dettati dall’attaccamento alla nostra patria comune.
Non mi dilungo ulteriormente, mi limito quindi a raccontarvi che un giorno di alcuni anni fa , al termine di una messa, andai nella sacristia per un saluto a Don Alberto, che tutti ricorderete. Notai un armadio pieno di registri anagrafici intitolati “battesimi”, “cresime”, “morti”. Punto da personale curiosità provai, con successo, a reperire il registro “battesimi 1934” e li alla data 24 giugno trovai infatti la registrazione del mio
battesimo. Tale registrazione riportava il mio nome, cognome, la mia data di nascita, i nomi dei miei genitori, dei padrini ,ecc. Ragionai: come nel mio caso gli stessi dati dovevano essere riportati per tutti coloro che erano stati portati allo stesso fonte battesimale, e quel registro, insieme agli altri della serie, veniva a rappresentare una sorta di anagrafe dei nati in questo paese dal 1744 in poi, per il semplice fatto
che le registrazioni anagrafiche della parrocchia erano state iniziate proprio in quell’anno. Considerai la fonte archivistica appena scoperta capace di offrire a questo nostro paese una base di conoscenza, che mi risulta per ora unica, dei dati di riconoscimento dei nostri antenati, rappresentati dal nome, cognome e collocazione temporale. Si tenga infatti conto che non sono affatto sicuro che già alla metà del’700 lo Stato Borbonico usasse prendere nota delle nascite, dei matrimoni e delle morti con tanta puntualità anche nei punti più decentrati del loro dominio. Con l’Unità d’Italia, realizzatasi nel 1860, i comuni avviarono i servizi anagrafici con sistematicità e con la massima precisione possibile nel quadro di una generalizzata importazione di burocrazia. Da allora ciascuno di noi è stato seguito dallo stato in ogni passaggio rilevante delle vita. Per dare un’idea di questa di questa precisione posso raccontare un fatto che colpì e accompagnò mio padre per tutta la vita. Egli si chiamava Remo e nacque quasi in contemporanea con Romolo Cofini. La registrazione di entrambi fu affidata a una persona che faceva, forse perché postino, la spola con Massa tutti i giorni. Questa persona fece un po' di confusione tra chi doveva chiamarsi Remo e chi Romolo , per cui registrò i due neonati uno col nome di Romolo e l’altro di Remolo. A distanza di un paio di decenni con questo nome mio padre stupì i suoi colleghi d’ufficio.
Premesso tutto ciò, per l’epoca che stiamo esaminando l’unica certezza che almeno io ho, quindi, sono le registrazioni anagrafiche effettuate dai parroci che si sono avvicendati nella nostra parrocchia. Per quanto riguarda il sottoscritto, la sua decisione di utilizzare i registri parrocchiali formesi è stata dettata dalla logica di preferire l’uovo oggi alla gallina domani. Seguendo questa logica ho valutato i dati raccolti idonei a formare quanto meno la base per ulteriori ricerche da effettuare negli archivi napoletani, aquilani e romani.
Concludendo, quindi, con questo lavoro offro a coloro che possedessero la mia stessa vena di pazzia la possibilità di proseguirlo su basi più ampie nel caso avessero l’opportunità di disporre di fonti più complete e dettagliate.
Fatta questa premessa, qui cade opportuno e forse necessario fare un cenno alle norme del 1963 sulla consultabilità a fini di studio dei documenti raccolti negli archivi di stato.
Si tenga conto che gli enti pubblici sono tenuti a trasferire in tali archivi i documenti relativi ad affari esauriti da almeno quarant’anni e ciò significa che, maturato questo termine, gli atti sono liberamente consultabili ai fini appena accennati. Il termine di quarant’anni è prolungato fino a cinquanta se tali atti ineriscono alla politica interna o estera dello stato e a settanta se ineriscono a situazioni meramente personali.
Avuto presente tutto ciò è lecito dedurre che la consultazione nei termini previsti per atti semplicemente anagrafici e perciò non riservati conservati negli archivi parrocchiali sia assolutamente lecita se praticata in analogia ai documenti dello stato.
Stimai quindi che senza offendere le norme suddette, considerata la povertà o la lontananza di fonti documentali del genere da noi trattato, il materiale documentale a noi più vicino si sarebbe prestato benissimo alla formazione di una sorta di anagrafe casareccia per il tempo compreso tra il 1744 ( data del primo battesimo registrato a Forme) e i primi del ‘900. Siffatta interpretazione delle norme e della realtà
avrebbe costituito la base di una sorta di anagrafe parallela da cui partire per formare degli schemi genealogici di ciascuna famiglia. Fu così che, rassicurato Don Alberto sulla liceità della cosa, riuscii a formare un database che mi portò alla ricostruzione delle genealogie formesi.
Con queste premesse lascio tutti voi alla visione delle vostre genealogie.
Benedetto Valente.